Il nostro diritto alla fragilità. Anche nel periodo estivo

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In un momento, quasi in un impercettibile attimo, quando la routine quotidiana inizia lentamente a mutare per fare spazio all’arrivo delle vacanze, si può insinuare una sensazione di spaesamento.
Gli abituali punti di riferimento, quelli che più di una volta ci avevano anche provocato noia e fastidio, si fanno da parte lasciando nuovi spazi di libertà all’arrivo del caldo e dell’estate.

Qualcuno che conosciamo, da vicino o da lontano non importa, è già partito, altri lo faranno. i tempi che ci vedevano tutti sincroni andare al lavoro, per poi tornare la sera a casa, si stano sciogliendo nelle temperature di luglio e agosto.

A volte però il senso di spaesamento si può fare più profondo, creando sentimenti non facili da gestire e da comprendere. Si aprono nuove, o vecchie, ferite. La solitudine prende troppo spazio dentro di noi. E l’aver perso i punti di riferimento in una fase in cui, per qualche motivo, siamo particolarmente vulnerabili ci fa sentire enormemente fragili.
Il mondo, in quel preciso istante può spaventare, perché ci si sente piccoli, e anche un po’ soli, dato che ognuno è rapito dal proprio divertimento e dall’organizzazione delle vacanze.

Il mondo è meno soleggiato, tutto posto in salita in una lunga e faticosa camminata.
Un cammino impervio dove un timore sconosciuto ha preso spazio, mentre le persone attorno si fanno lontane, prese come sono dalla loro allegria vacanziera. Fatta di post sui social sempre allegri e sorridenti.

e invece noi, in quella salita ci sentiamo persi. Ci sentiamo in pericolo neanche fosse che dall’altro lato della collina vi sia qualcosa da temere.

Le fragilità non hanno preso un particolare peso. Le abbiamo sempre avute e anche gli altri le hanno. Quello che è diventato dirompente sta nel fatto che in questo periodo le fragilità sembra che non appartengano più a nessuno.
Tutti sono allegri. Tutti sono in compagnia. Nessuno sembra avere problemi. E’ l’apologia della felicità.

La rabbia, allora, non incontra più l’espressione creativa, e quindi implode dentro, portando con sé un coacervo di umore basso e sofferenza taciuta.

Un silenzio estraneo ci cade addosso, come un vestito scomodo e pesante.
Qui l’importante è non sentirsi in trappola.
Non dobbiamo mai sentirci “meno” solo perché non ci sentiamo all’altezza di questa “felicità social” da cui siamo circondati.

Le fragilità sono e restano sempre una risorsa, restano una meraviglia inesauribile, a cui dobbiamo sempre dare il diritto all’esistenza. Anche quando tutti sembrano volergliela negare.
Il rischio, altrimenti, è quello di rimanere schiacciati dal mito di questa “falsa allegria”, dei tanti profili che inspiegabilmente seguiamo.

Francesco Urbani
Psicologo-Psicoterapeuta-Supervisore
urbani@casadinchiostro.it
www.francescourbani.it
www.casadinchiostro.it

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