Il Dolore Emotivo nell’Infanzia

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Bambini che sembra non vogliano comunicare, e che se lo fanno utilizzano modalità che non comprendiamo e che ci lasciano spiazzati, confusi. Incerti.
La comunicazione, in questi casi, è fatta di parole o disegni che restano per noi un mistero, che troviamo ripetitiva, rituale e stancante (come fosse violenta nella sua staticità).
Quel modo così profondamente personale e solitario, ci fa sentire “penetrati”, ci provoca una sofferenza che comprendiamo male e di cui non veniamo a capo.
Ci lascia interdetti e sgomenti.

E’ un comunicare uni-direzionale, in cui sentiamo di venire coinvolti, ma finiamo con l’essere come quelli che vengono invitati a partecipare ad un gioco cui non sanno nessuna regola.
Possiamo anche sentirci disperati, noi adulti che non possiamo aiutare un bambino che in qualche sconosciuto modo, ci sta comunque chiedendo di avvicinarci a lui.

Bambini che borbottano, che anche nell’età della parola, pronunciano termini poco comprensibili, come se non avessero il controllo di nulla.
E’ l’instabilità ad essere sovrana.

Spesso il loro gioco appare distruttivo, come in un rituale “rompere-aggiustare” per poi nuovamente rompere. Ma ad una vista più attenta appare un elemento che ritorna di continuo: il “penetrare”: Frugare all’interno: Cercare e Spaventarsi.
Il bambino cerca un contenuto nascosto che però lo spaventa, ma che nel contempo lo “attira”. E allora è essenziale il ruolo dell’adulto nello stare in questi aspetti incomprensibili, ma dove si può portare un tono dolce, un ritmo più calmo, parole emotivamente connotate e calorose.

In questo modo il Bambino, evidentemente sofferente, può lentamente aumentare non solo la propria capacità comunicativa, ma soprattutto può migliorare il suo “contatto con l’altro”. Inserirsi all’interno di mondi relazionali condivisi.
Aspetto, questo, sempre essenziale per chi soffre.
Dato che il rischio è quello della solitudine. Esperienza che per un bambino può diventare particolarmente devastante.

Sono i livelli non verbale dell’adulto che possono fare la differenza in queste situazioni.
Infatti, è solo riuscendo a stare nell’incomprensione che l’adulto può accedere ad un non-verbale che lo fa avvicinare al bambino e alla sua sofferenza.
Valorizzare anche ciò che è distrutto: giochi e disegni che non devono essere gettati ma riutilizzati (come elemento di incontro con il bambino). Il dolore in tal modo non diventa una barriera che isola, ma solo un elemento (certo spiacevole della vita) ma non l’unico!
Valorizzare e partecipare al “penetrare” del bambino.
Essere con lui nel suo cercare. Accanto e vicino nella paura e nello spaesamento.

E’ nella violenza del “penetrare” i giocattoli che il bambino ci racconta la sua disperazione e le sue ferite. Il bisogno di proteggersi e il voler sopravvivere. Riproponendo all’adulto, esperienze tragiche e incomprensibili.
Bambini che “portano” il proprio dolore, la propria rabbia e la violenza vista, partecipata o subita.

Spaesandoci, questi bambini ci chiedono aiuto, e soprattutto la necessità di una vicinanza.

Bambini che “scavano”, “penetrano” e “perforano” per raccontarci il bisogno di cucire e di incontrarci.

Chi Sono Francesco Urbani
Scrivimi urbani@casadinchiostro.it
Visita il mio sito www.francescourbani.it

Immagine di copertina di Shaun Tan
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