Sono infinte le fragilità che abitano in noi. Quante dipendenze, carenze, sofferenze abbiamo? Tantissime e con sfumature diversissime.
Alcune sono ingombranti tanto da poterci condizionare la vita. Altre non appaiono che raramente.
Le fragilità sono scritte sul nostro corpo. L’ombelico ne è una, il nostro invecchiare ne è un’altra.
Cicatrici che ci accompagnano e che ci ricordano quanto la fragilità faccia parte della nostra, e dell’altrui, esistenza.
Già alla nostra nascita arriviamo al mondo, chiamati da chi ci ha generato, e iniziamo a respirare con un pianto. Esposti e in balia del mondo, raccontiamo sin da subito questa condizione di fragilità dell’esistenza.
Un condizione che con diversi abiti, ci accompagnerà sempre.
La fragilità, tutte le nostre fragilità, possono essere coperte, nascoste, negate o dimenticate, ma non potranno mai essere oltrepassate o addirittura curate, perché questo se da un lato è impossibile, dall’altro ci racconta un’altra fragilità umana, quella per cui a volte ci crediamo onnipotenti e seguiamo ideali che ci portano lontano dal nostro autentico essere.
Diventiamo autonomi (per quel che può valere questo termine, dato che siamo sempre legati all’altro e al mondo), molto più lentamente di come facciano gli animali.
Perché il nostro percorso è continuo ed infinito. Cresciamo continuamente perché non c’è mai un punto di arrivo definitivo, ma solo tappe che aprono a loro volta a percorsi successivi.
Nasciamo incompiuti e la nostra strada è un lungo cammino verso una completezza che (fortunatamente, e questa la magia della vita) non raggiungeremo mai.
L’essere umano quindi opera nel mondo, lo costruisce e lo fa evolvere, anche per abitare un luogo che possa contenere le sue fragilità. Che possa proteggerlo, ma anche a sua volta farlo ulteriormente crescere.
Un mondo a misura di fragilità. Argomento questo molto complesso e scivoloso, dato che questo mondo può essere, in senso positivo un luogo dove le fragilità abitano, oppure in senso negativo un luogo dove le fragilità vengono negate.
Le nostra fragilità, inoltre, ci permettono e ci obbligano ad un rapporto di cura con l’altro.
Ci prendiamo cura delle persone a cui vogliamo bene, e anche del mondo.
Il mondo, e chi ci vuole bene, si prende cura di noi.
Nasciamo con una dipendenza originaria, perdendo e rompendo un legame-grembo con chi ci ha generato. E segnando, con chi ci ha messi al mondo, un nuovo tipo di rapporto. Uno degli infiniti che segneranno il tempo.
Qualcuno in quella fase si prenderà cura di noi, noi nel tempo ci prenderemo cura di lui.
In questi spazi, e in queste trasformazioni e relazioni di fragilità, ci saranno tutti quegli accadimenti che chiamiamo vita. Distacchi, ritrovamenti, incontri e perdite.
Viviamo perché qualcuno si prende cura di noi.
Viviamo perché questo collegamento è dovuto alle nostre, e alle altrui, fragilità.
Francesco Urbani
Psicologo-Psicoterapeuta-Supervisore
Cerchi nella notte – Il libro
urbani@casadinchiostro.it
www.francescourbani.it
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Immagine tratta dalla serie televisiva "Cercando Alaska" di di J. Schwartz, 2019 - Tratta dall'omonimo romanzo di J. Green, 2005