Una lettera di Van Gogh e alcune riflessioni sul lavoro solitario, in gruppo e la sua quantificazione

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“Ti avverto che tutti penseranno che lavoro troppo in fretta.
Non credo proprio.
Non è forse l’emozione, la sincerità del senso della natura a guidarci? – e se a volte queste emozioni sono tanto forti che lavoriamo – senza accorgerci di lavorare – quando a volte le pennellate vengono con una coerenza e con collegamenti tra loro come le parole di un discorso o di una lettera – bisogna battere il ferro finché è caldo e mettere da parte le sbarre forgiate.
Non ho ancora metà delle 50 tele presentabili in pubblico e devo averle tutte entro quest’anno.
So già che le criticheranno definendole ‘frettolose’.
So anche che spero proprio di mantenere la mia idea di quest’inverno, quando abbiamo parlato di una società di artisti.
non che abbia ancora una gran voglia o speranza di realizzarla, ma essendo un’idea seria, bisogna mantenere la sua serietà, e mantenere il diritto di tornarci sopra, su questa faccenda.”
Vincent Van Gogh, lettera a Theo Van Gogh, Arles, lunedì 25 giugno 1888 – Tratto da “Vincent Van Gogh, Lettere, Einaudi”

 

Cosa è “lavoro”?
Si può essere accusati di aver lavorato di corsa, ma questo significherebbe aver fatto un lavoro sciatto oppure superficiale. Eppure questo non sempre è vero. A volte lavoriamo “materialmente” in modo più veloce perché abbiamo già pensato a lungo, e a lungo ci siamo preparati.
A volte lavoriamo più lentamente per cura, oppure perché non siamo preparati e per evitare di far intendere la nostra impreparazione allora facciamo le cose con calma.

Uno dei punti del discorso è la misurazione, ovvero uscire dal rapporto quantitativo quando si parla di lavoro o di opera.

E qui si apre la discussione fondamentale sulla qualità. Cosa rappresenta la qualità di un’opera? Possiamo utilizzare diversi misure, che vanno dall’innovazione, all’estetica e alla creatività. I metodi sono molteplici e tutti aprono a discussioni infinite perché, fortunatamente, non sono misurabili. Il senso dell’arte, allora può diventare anche questo discutere, sempre che non diventi un discorso superficiale e non perda di umiltà. Ma anche qui, misurare tutto questo non è affatto facile.

Van Gogh poi parla anche di un altro punto fondamentale, ovvero il rapporto con i colleghi. Quanto è importante riuscire a costituire una comunità?
Lo è molto, di certo. Ma in sé ci sono anche diversi pericoli.
Questo lo vediamo dalla grande valorizzazione che si è data al lavoro di gruppo. Però in questo caso è ampiamente sottovalutato un fatto importante, e cioè uno degli elementi che costituiscono le istituzioni (e quindi anche le comunità e i gruppi).
Se, infatti lo stare insieme può assumere una forza maggiore che la semplice somma della qualità dei singoli, è pur vero che i gruppi hanno anche una forte tendenza alla “conservazione”, ovvero si muovono sempre in modo ambivalente rispetto alle innovazioni.
Il lavoro creativo si muove quindi, proprio per la sua capacità di rottura degli schemi, in questo modo. Scivolando tra il gruppo e la solitudine. È chi crea che deve muoversi tra il lavoro solitario e il confronto con la propria comunità, e non l’inverso. Chi crea non può essere cercato dal gruppo, ma deve lui cercarlo in base alle proprie esigenze, cercando sempre di capire onestamente quando è arrivato il momento di farlo, o di allontanarsene.

Francesco Urbani
Psicologo-Psicoterapeuta-Supervisore
Cerchi nella notte – Il libro
urbani@casadinchiostro.it
www.francescourbani.it
www.casadinchiostro.it

Immagine: Vincent Van Gogh, autoritratto
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