Non è facile fare una riflessione sul finire di questo anno.
Non è facile perché non solo è stato un anno complesso e faticoso, ma perché ha rappresentato una grande novità per tutta la mia generazione.
Ci siamo trovati a confrontarci con l’imprevisto e l’imprevedibile, noi che abbiamo cercato a tutti i costi (e forse eravamo anche convinti di esserci riusciti) di creare un mondo completamente sotto controllo.
Invece abbiamo incontrato un dato ovvio, che però avevamo da tempo fatto finta di dimenticare. Ovvero che noi siamo abitanti di un mondo, e siamo parte di una natura, in qualità di ospiti.
Ciò a cui dobbiamo mirare è l’entrare in armonia con gli elementi, e non manipolarli al fine di usarli a nostro piacimento.
In questo senso il narcisismo dell’essere umano ha incontrato la realtà.
Il fatto che non siamo onnipotenti, ma che in qualsiasi momento la natura può spazzarci via, come qualcosa di inutile e fastidioso.
D’altronde non è vera la narrazione che stiamo distruggendo il mondo. La verità è che lo stiamo alterando, ma il risultato finale sarà che l’universo si adatterà creando nel tempo nuove forme di bellezza e meraviglia, mentre l’essere umano scomparirà per sempre perché non avrà più un habitat in cui stare.
Ecco questo è lo spirito in cui mi trovo a salutare questo 2020 nell’attesa del 2021, e qui ho ritrovato alcune parole della mia amata Emily Dickinson
Non stimare lontano quello che si può avere
anche se in mezzo si stende il tramonto –
né stimare vicino ciò che standoti a fianco
è più lontano del sole.
(1074)
E’ una poesia che come sempre ha tantissimi significati e sfaccettature, ma che soprattutto va sentita e vissuta.
Quello che mi resta e mi appartiene di questo scritto è il fatto di ricordarci quanto tutto non vada mai dato per scontato.
E anche se questo è banale, dobbiamo sempre tenerlo a mente.
La nostra vita, e questo anno come tutti gli altri ce lo ha ben ricordato, ha bisogno di cure continue.
Dobbiamo prenderci cura del mondo che abitiamo, delle persone che ci sono accanto, dei luoghi che abitiamo e ovviamente di noi stesso.
Tutto è molto fragile, e il fatto di averlo davanti agli occhi tutti i giorni, ce lo fa spesso dimenticare.
Riprendere il senso della fragilità è forse l’insegnamento più grande di questa pandemia. Il sapere che non tutto è per sempre, e che anche se ci sembra di possedere qualcosa (sentimento umano che va rispettato), dobbiamo sempre tenere presente che tutto scorre. Tutto è di passaggio. Ed è proprio quel momento, quello stare, quel presente, che dobbiamo cogliere e sentire.
Conoscere e comprendere ciò che abbiamo accanto e che ci è di fronte. Prendercene cura perché siamo di passaggio. Rispettare la bellezza che ci circonda, perché essa è in continua trasformazione e muta, come noi siamo nella nostra metamorfosi.
Il dolore e la sofferenza di questi mesi rappresenta la sopravvivenza di un sentimento.
Che ci saranno meraviglie e amori sempre. Anche quando la notte è profondamente buia e non sembra possa esserci luce.
Il fatto che possiamo ritornare a rispettare le fortune che abbiamo.
Possiamo comprendere gli errori del passato, e trasformare il futuro in un luogo dove essere più sensibili, più rispettosi del nostro limite.
E’ la nostra finitezza il dono, e pensarsi onnipotenti davanti al mondo è solo un modo per imporre bruttezza e autentico dolore.
Passa, credimi, il tempo –
lo dico gaia a quelli che ora soffrono –
Essi sopravviveranno –
Oh si, c’è un sole –
anche se ora non vogliono credervi –
(1121)
Francesco Urbani
Psicologo-Psicoterapeuta-Supervisore
Cerchi nella notte – Il libro
urbani@casadinchiostro.it
www.francescourbani.it
www.casadinchiostro.it
Le poesie in corsivo sono di Emily Dickinson nella traduzione "Meridiani Mondadori" Imamgine "Mai raramente a volte sempre" (Never Rarely Sometimes Always) è un film del 2020 scritto e diretto da Eliza Hittman.